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Mens sana in corpore sano musicando

  • David Scaroni
  • 9 mag
  • Tempo di lettura: 6 min

Un musicista nella sua intensa, frenetica e complicata vita d’artista si ritrova immerso in fortissime emozioni spesso caratterizzate da appaganti soddisfazioni: l'esecuzione un'opera cameristica tanto amata, una sala da concerto famosa in tutto il mondo dove finalmente si ha avuto la fortuna di suonare, incontri ed esperienze indimenticabili con artisti di fama mondiale e via dicendo. Ma nonostante tutto questo si può chiaramente dire che lo stesso musicista si ritrova costantemente bombardato da situazioni e momenti di forte stress fisico ed motivo.

Questo è davvero innegabile e può verificarsi per via di una percezione d’ansia dovuta ad un ambiente ostile dove si sta lavorando, oppure per una partitura particolarmente ostica che un direttore artistico ha imposto d’eseguire in brevissimo tempo, oppure ancora per la semplice mole di lavoro accumulato o per i troppi viaggi conteggiati nell’ultimo mese…



Ognuno vive lo stress in modo molto differente: c’è chi riesce a gestirlo autonomamente in maniera abbastanza naturale riuscendo a tenere sotto controllo gli influssi negativi che questa condizione può portare e c’è chi invece soffrendone si lascia sopraffare dall’ansia negativa che avrà inevitabilmente avere la meglio! In quest’ultimo caso ciò che ci rimette è l’esito strumentale -oltre che la salute mentale e fisica del musicista- perché se la mente non è serena di certo non lo sarà il corpo a cui ci affidiamo quotidianamente per produrre il nostro suono. Inoltre, dato che il nostro suono è lo specchio di chi siamo o di come stiamo vivendo, la non stabilità mentale può essere chiaramente percepita da chiunque ascolti anche una semplice e breve esecuzione musicale.


Un musicista dovrebbe essere sempre nella miglior condizione possibile per poter donare la sua personalissima interpretazione al pubblico presente in sala ma non sempre si hanno le forze o la conoscenza di tecniche o concetti utili ad affrontare e superare le difficoltà di cui sopra.





Così come esistono professionisti che si occupano della preparazione mentale di uno sportivo, per assicurarsi la sua perfetta condizione atletica, così esiste una stessa figura professionale che per migliorare la performance musicale di un artista si concentra innanzitutto su come sta gestendo la sua mente nel pensare, realizzare e produrre musica.

 

Ho conosciuto con piacere la Dott.ssa Bontempi tramite i post che costantemente pubblica sui suoi canali social e abbiamo avuto una breve conversazione scritta dove con estrema curiosità le ho esposto alcuni quesiti (o meglio le ho chiesto opinioni secondo la sua esperienza professionale) su alcuni temi che credo fondamentali in ogni musicista.


La Dott.ssa Silvia Bontempi -psicologa della performance e Istruttrice di Mindfulness nonché violinista e violista- ha ideato un percorso mentale e pratico per migliorare lo studio del proprio strumento senza inutile dispersione di tempo ed energie per riuscire a raggiungere una giusta preparazione tecnico/strumentale, e soprattutto psicologica, per migliorare il momento dell’esecuzione finale.




Questo è l’argomento della mia prima domanda, perché come è noto mi interessa molto il saper studiare e saperlo fare da soli e bene fin da subito, una particolarità purtroppo non scontata fra i giovani strumentisti.

 

Riporto con piacere le sue interessanti risposte e per chi volesse la può trovare facilmente collegandosi ai suoi canali Social mentre in fondo alla conversazione troverete i suoi contatti diretti.


Buona lettura, a presto e buona Musica a tutti!


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-    Dott.ssa Bontempi, noto sempre più spesso una chiara difficoltà nei giovani d'oggi nel dedicarsi allo studio del proprio strumento con un giusto metodo. Probabilmente per il sempre minor tempo a disposizione o per le moltissime materie d'esame nei Conservatori (forse complice la riforma dei piani di studio) molti giovani, a mio avviso, si ritrovano a studiare con rapidità e pochissima cognizione di causa. Lei ha ideato un metodo da seguire in 7 giorni per ottenere ottimi risultati senza investire male il tempo a disposizione e per imparare a mantenere una preziosa routine di studio. 7 Days Challenge, di cosa si tratta?


La mia 7 Days Challenge è un una mini-guida pratica, della durata di sette giorni, pensata per i musicisti che desiderano costruire una routine di studio solida e funzionale, in grado di prepararli psicologicamente ad affrontare ogni sfida con fiducia e lucidità. Ogni giornata affronta un aspetto specifico: dalla gestione dell’energia, alla pianificazione dei tempi, fino alla consapevolezza dei propri progressi. L’obiettivo non è “studiare di più”, ma “studiare meglio”, costruendo giornalmente una relazione sana e serena con la musica e con il proprio strumento, valorizzando il talento e ottimizzando le performance.

 

 

-    Attività frenetica del musicista. Viaggi, prove, concerti. Quanto è importante secondo lei prendersi dei momenti di riposo e quanto può invece influire negativamente la mancanza di ore di sonno sulla prestazione di un musicista?


Riposare è un ingrediente fondamentale di ogni buona performance.

Nei momenti di riposo il cervello consolida le informazioni acquisite durante lo studio: riorganizza le sequenze motorie, rafforza la memoria, “fissa” l’apprendimento.

Il riposo ha inoltre un impatto diretto anche sulla concentrazione, sulla coordinazione motoria e sulla regolazione emotiva: una mente affaticata si distrae più facilmente, genera movimenti meno precisi, mostra soglie più basse di tolleranza allo stress e difficoltà maggiori nella gestione dell’ansia da palcoscenico.

Perciò, dormire bene e prendersi delle pause strategiche durante la giornata di studio non è “tempo perso”: è una parte integrante di un apprendimento tecnico e mentale significativo, efficace ed efficiente.

 

 

-    Un altro aspetto a cui lei tiene molto è appunto la gestione dell’ansia e ha più volte sottolineato nei suoi post quanto possa essere positiva l'ansia nelle esibizioni di un musicista quando questa viene tenuta sotto controllo. Come può un musicista riconoscere tutto questo e cosa dovrebbe sempre tenere a mente quando percepisce di soffrire di ansia da palcoscenico?


L’ansia non è un nemico da combattere, ma un’energia da trasformare.

Il flow, quello stato mentale in cui tutto scorre spontaneamente, quando sei immerso nel presente, totalmente concentrato e performi al massimo delle tue capacità, non si verifica in assenza totale di ansia, ma piuttosto in presenza di una giusta attivazione.Questo è uno dei messaggi che cerco sempre di trasmettere ai musicisti con cui lavoro nelle mie consulenze. L’ansia ben compresa e gestita è un’alleata preziosa: è il segnale che stai per affrontare qualcosa di importante, a cui tieni molto. La chiave è non lasciarsi travolgere, ma imparare a riconoscere segnali precisi nel corpo e nella mente per trasformarli in carica positiva e in motivazione.

La psicologia della performance nasce proprio per rispondere alle sfide di chi si esprime in contesti ad alta pressione – musicisti, atleti, performer.

Grazie a strategie e tecniche mentali efficaci, validate dalla scienza, il musicista impara a

riconoscere i segnali del corpo prima che l’ansia diventi travolgente, a ristrutturare i pensieri negativi sostituendoli con un dialogo interno più costruttivo, a prepararsi mentalmente alla performance, con tecniche di visualizzazione, respirazione, centratura e a sviluppare una routine di studio a prova di palcoscenico.

 

 

-    Per la sua esperienza come psicologa dei musicisti quali sono i pensieri negativi più frequenti che un giovane musicista sente di provare nel momento di un concorso o un'audizione per selezione d'orchestra?


“Non ce la farò mai”, “Gli altri sono più bravi”, “Quel passaggio lo sbaglio, lo so già”, “Non vedo l’ora che finisca”. Sono pensieri molto diffusi tra i musicisti. Spesso derivano da una visione eccessivamente rigida e perfezionista della prestazione, dove ogni nota sembra decidere il proprio valore personale e misurare il proprio talento. Il mio lavoro consiste nel riportare il focus su ciò che il musicista può controllare: la preparazione, la presenza mentale, il dialogo continuo tra mente/corpo/strumento, la connessione emotiva con il brano e con il pubblico. Nessun concorso definisce chi sei. Un concorso valuta una performance, in un dato momento, in un determinato contesto. Non può racchiudere la tua storia, il tuo impegno, il tuo talento profondo, né il tuo potenziale. È solo uno dei tanti passaggi del tuo percorso, non la sua destinazione.

Il rischio più grande è confondere l’esito di un’audizione con il proprio valore personale.

Ma noi siamo molto di più di una prova andata bene o male.



-    Viviamo in un mondo dove il confronto è un aspetto purtroppo inevitabile e che spesso fa dimenticare i veri valori benefici del fare musica insieme. C'è una frase che trasmette positività e sicurezza o una parola chiave che suggerisce di ricordare in ogni momento di difficoltà a chi le confida di soffrire il continuo confronto con colleghi, amici o conoscenti?


Sì, una frase che spesso ripeto ai miei pazienti è: Ogni insucesso non è un fallimento, ma un piccolo passo verso il successo.” Ogni musicista ha un percorso unico, fatto di tempi diversi, strumenti interiori, esperienze e sfide personali. Volersi bene e dedicare quotidianamente energie alla propria crescita personale, alla cura della propria autostima e della fiducia nelle proprie capacità è davvero importante. 

Un mindset vincente non è solo un modo di pensare, è il modo in cui decidi di leggere ciò che vivi. È la differenza tra dire “non sono capace” e chiedersi “cosa posso imparare?”. Tra il blocco e il movimento. Tra il limite e la possibilità. La mente ha il potere di prepararti al successo prima ancora che tu salga sul palco.Dobbiamo allenare il pensiero come alleniamo le mani, la voce, l’arco. Solo così ciò che crediamo possibile… diventa possibile.




Dott.ssa Bontempi Silvia

Cell. 3472795457



 










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