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David Scaroni

Musica e sofferenza: una lettura medico-musicale

Molto si è scritto, immaginato o solo ipotizzato in merito ai fattori che influenzarono la vena compositiva dei più celebri artisti della musica del passato.

Vi sono milioni di esempi o riferimenti storici che si possono ricordare.

Un ambiente favorevole come fu Firenze per Piotr Ilich Tchaikovsky: città particolarmente amata che il compositore visitò spesso nel corso della sua vita e che lo ispirò per la stesura del Sestetto per archi op. 70 denominato non a caso “Souvenir de Florence”.

L’amore per la donna tanto amata: lo fu Therese Malfatti per Ludwig Van Beethoven che compose per lei il conosciutissimo brano intitolato "Per Elisa" erroneamente trascritto da un copista che tramutò il nome Teresa in Elisa.

Un viaggio indimenticabile e stimolante dal punto di vista creativo: Felix Mendelssohn scrisse infatti la celebre Ouverture in si minore op. 26 “Le Ebridi” dopo aver visitato le grotte di Fingal in Scozia.


Di certo quindi la sofferenza per un amore o un ricordo particolare ha influenzato i geni del passato, ma chissà se è poi da considerarsi veritiera l’ipotesi che il dolore fisico ha portato in loro ispirazione al punto da far nascere dalla loro penna capolavori indiscussi e ricordati nei secoli…

Credo che il conseguente genio artistico che la malattia ha portato in molti di loro sia semplicemente una tesi romantica, ma di certo la sofferenza ha spesso fatto emergere una forza compositiva ancora oggi definita inarrivabile.


Nel famosissimo libro “Musica e medicina”, scritto da John O’Shea e pubblicato da EDT nel 1990, vengono esposti i profili medici di molti compositori del passato.

L’autore, medico e storico, ha stilato la sua analisi clinica autore per autore basandosi su testimonianze dell’epoca e talvolta rifacendosi a documenti di autopsie. Di certo, avvalendosi delle recenti conoscenze della storia della medicina, ha potuto esporre quindi le sue diagnosi dettagliate.

Sapientemente ha proposto i suoi studi relativi a venti compositori del passato (J. S. Bach, W. A. Mozart, L. van Beethoven, R. Schumann, E. Grieg e F. Schubert per citarne alcuni) facendo un parallelo a momenti particolari della loro vita.

Le descrizioni fisiche sui vari soggetti sono interessanti e dettagliate (come ad esempio l’orecchio sinistro di Mozart a forma di poligono e privo di lobo) e inoltre si scoprono curiosità inedite: il plateale quanto testimoniato ultimo gesto in vita di Beethoven sul letto di morte (ovvero un pugno verso il cielo nel momento esatto di un fulmine!) associato soltanto a un riflesso meccanico dovuto all’irritazione cerebrale derivata dall’insufficienza epatica.

Di Beethoven è ovviamente a tutti nota la sua sordità e anche la miopia di Bach è un aspetto risaputo così come la sindrome di Marfan che caratterizzò le mani di Paganini o Rachmaninov. Di certo però non molti sanno che Chopin era un grande consumatore d’oppio di cui faceva uso per curare la sua terribile tosse e che Gioachino Rossini (colui che meglio mangiava e meglio componeva!) morì di cancro al retto dopo anni di terribili dolori dovuti alle sue emorroidi!

Pertanto, chi come me è ghiotto di estreme curiosità, troverà di certo sazietà leggendo i particolari della malattia mentale di Schumann, o apprendendo che i problemi di alcoolismo di Skrjabin risalivano ai suoi anni di studente – assieme all’amico Rachmaninov – al Conservatorio di Mosca.


Musica e sofferenza: un binomio paradossalmente spesso inevitabile e di certo crudele nonostante gli incredibili esiti artistici.


Leggendo questo interessantissimo libro si potrà infatti fare facilmente i dovuti collegamenti con le importanti opere di questi compositori, rendendosi conto pertanto di come realmente stavano nel preciso istante di scrittura musicale e di come anche questo influenzò incredibilmente la loro mente e la loro geniale visione artistica.

Un esempio concreto? Ho trovato molto toccanti gli estratti delle lettere di Schubert al poeta Franz von Schober e le testimonianze di quest’ultimo che ricordava i continui lamenti dell’amico in merito ai dolori che lo portarono di lì a poco alla morte.

E’ risaputo che ultimò, pochi giorni prima della sua dipartita, la stesura del Quintetto in Do Maggiore D956 e delle ultime tre Sonate per pianoforte.

Non credo serva aggiungere altro…


Buona lettura e buona musica a tutti!






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