Conobbi il M° Marco Rogliano nei miei primi anni di studi al Conservatorio di Rovigo e lo seguii dopo il mio diploma in diversi corsi annuali di perfezionamento.
A lui devo molto della mia preparazione violinistica e cameristica soprattutto in riferimento al repertorio per violino e pianoforte.
Strumentista indubbiamente completo, sotto ogni punto di vista e di repertorio, viene stimato come interprete virtuoso del violino e di certo del violinista probabilmente più conosciuto di tutti i tempi ovvero Niccolò Paganini.
In questo mio post desidero riportare un interessante dialogo avvenuto di recente con il M° Rogliano e segnalare il suo ultimo lavoro discografico per Dynamic che presenta opere Paganiniane affiancate a composizioni di cinque importanti violinisti dell’800, di certo meno conosciuti ma non per questo meno interessanti: Onorio De Vito, Giuseppe Austri, Bernardo Ferrara, Carlo Bignami e Ferdinando Giorgetti. Ognuno di questi, dotati di straordinarie capacità strumentali, godette della stima appunto di Paganini e l’intento del M° Rogliano con questo CD è quello di far scoprire un nuovo ed interessantissimo repertorio Italiano del diciannovesimo secolo.
E’ pertanto con immenso piacere che riporto nelle prossime righe questa piacevole intervista dove il Maestro si racconta con emozione regalandoci i suoi ricordi legati allo studio del violino, ad importanti incontri e concerti, e ad incisioni discografiche di rilievo.
Buona lettura!
- M° Rogliano, Lei fece il suo incontro con il violino da bambino e nella Sua biografia artistica si possono leggere nomi di illustri violinisti con i quali Lei ha avuto l’onore di poter studiare e perfezionarsi negli anni. Le andrebbe di raccontare il Suo percorso di crescita artistica?
Mi considero a pieno titolo un fortunato frutto delle migliori scuole violinistiche presenti in Italia nel XX secolo, anche rispetto a chi non compare nella mia biografia per ragioni di sintesi o di minore fama.
Fin da quando conobbi casualmente il violino all’età di 8 anni, mostrando da subito particolare facilità e naturalezza nell’approccio, venni regolarmente seguito per 5 anni in privato da Aldo Spizzichino, un solido professionista di ottima scuola nonché amico di famiglia, Professore nell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia ed ex compagno di studi a Roma di Bruno Giuranna (prima che diventasse violista) nella classe di Vittorio Emanuele (Primo Violino solista dell’Orchestra RAI di Roma negli anni 50 e allievo di Edouard Nadaud al Conservatorio Superiore di Parigi).
Fu Aldo Spizzichino a impostarmi dandomi tutti i mezzi necessari alla preparazione del mio primo esame di compimento al Conservatorio di Roma, da me conseguito a 13 anni con il massimo dei voti, venendo poi ammesso nella classe di Antonio Salvatore dove avrei proseguito al meglio i miei studi. Dell’affettuosa meticolosità e generosa attenzione nel seguirmi sono tutt’ora riconoscente verso questo mio primo insegnante.
Con Antonio Salvatore (brillante allievo a Napoli di uno dei più grandi capiscuola e didatti italiani del ‘900 come Alberto Curci, perfezionatosi poi alla Chigiana di Siena e la Indiana University di Bloomington con Franco Gulli) mi sarei formato negli anni della mia adolescenza trascorsa al “S. Cecilia” di Roma arrivando al Diploma finale che avrei conseguito con lode all’età di 18 anni.
Fondamentale quindi la sua figura straordinaria di violinista, concertista e didatta, in un periodo per me determinante sia per lo sviluppo dei giusti mezzi tecnici ed espressivi che per l’acquisizione del repertorio più congeniale alla mia personalità artistica, in quegli anni particolarmente incline alla brillantezza tecnica e al ‘900.
Con Salvatore, oltre ai capisaldi della letteratura violinistica (Bach, Mozart, Capricci di Paganini) previsti nel normale iter di studio, mi confrontai da subito anche con le principali opere di autori come Wieniawski, Ernst, Sarasate, Lalo, Paganini, Brahms, Ysaye, Debussy, Ravel, Prokofiev, Bartok, Sostakovich, Petrassi, ampliando così la mia prospettiva arricchita in breve tempo di preziose conoscenze, molte delle quali avrebbero segnato significativamente anche il mio rapporto con i grandi interpreti da me scelti negli anni successivi per completare la mia formazione di musicista.
Franco Gulli e Ruggiero Ricci furono i primi che frequentai in alcune loro brevi Masterclass. Due personaggi estremamente diversi sotto ogni aspetto tecnico e interpretativo dai quali fui attratto per ragioni differenti. Di Gulli ammiravo la sua estrema eleganza e classicità; rappresentava la diretta continuità con Salvatore, anche se al massimo grado della nobiltà di stile.
Ebbi modo di ascoltarlo dal vivo, solista nella Concertante di Mozart con Giuranna e nel Concerto di Beethoven, rimanendo estasiato dalla sua purezza di suono ed estrema linearità nel fraseggio.
Possedevo inoltre alcuni suoi dischi in duo con la moglie e come solista che furono tra i miei riferimenti principali di studente.
La personalità di Ruggiero Ricci, Italiano di origine ma statunitense di nascita e di studi, era invece profondamente diversa da tutto ciò che conoscevo fino a quel momento, sia tecnicamente che musicalmente.
Fu proprio questo a catturare maggiormente la mia attenzione di 20enne portandomi a scegliere di seguirlo in modo più continuativo nella sua classe all’Università Mozarteum di Salisburgo dove al tempo era Professore ospite.
Ricordo con tenerezza la sua generosità e simpatia nei miei confronti (forse perché all’epoca ero l’unico suo studente italiano) che lo portava a concedermi le sue preziosissime lezioni, talvolta anche la domenica, presso la sua abitazione in giorni che potevamo concordare tra noi, anche se diversi dai suoi ufficiali.
Sapeva che viaggiavo appositamente da Roma per seguirlo e mi ha spesso facilitato per questa ragione.
Era generoso anche nel mostrarmi direttamente le sue soluzioni strumentali assolutamente uniche in Bach come in Mozart, in Paganini come in Ciajkovskij, in Ysaye come in Bartok e Prokofiev fino ai contemporanei. Vastissima la sua conoscenza, inarrestabile il suo interesse per le rarità, Ricci è stato un formidabile tramite del pensiero violinistico di Paganini e a mio avviso il suo miglior interprete del XX secolo, traccia questa per me rimasta indelebile.
In quello stesso periodo iniziai a frequentare per 3 estati consecutive il corso di Musica da Camera tenuto da Riccardo Brengola alla Chigiana di Siena, gloriosa istituzione che vedeva ancora riuniti straordinari Maestri italiani che hanno segnato la storia musicale del ‘900 come Farulli, Petracchi, Gazzelloni, il Trio di Trieste.
Con Brengola (violinista personale del Conte Chigi negli anni ‘30 e lieder del mitico Quintetto Chigiano, formatosi a Roma nella classe di Arrigo Serato quando Respighi era il direttore del Conservatorio) entrai direttamente nel cuore stesso della grande musica attraverso la conoscenza più profonda di capolavori assoluti della cameristica per archi come l’Ottetto di Mendelssohn, il Quintetto di Schubert o il Divertimento di Mozart per trio, ma anche del principale repertorio in duo con pianoforte che tanto avrebbe segnato la mia vita artistica nei successivi anni e che continua inevitabilmente a segnare. Lui, a differenza di Ricci, comunicava solo verbalmente le sue idee musicali, ma con una pregnanza, incisività e capacità descrittiva assolutamente inequivocabile a testimoniare il suo passato di protagonista nella scena italiana e internazionale.
Fu un immenso onore per me essere da lui scelto per rappresentare l’Accademia Chigiana in Giappone debuttando appena 24enne accanto a splendidi musicisti come Koichiro Arada, Ko Iwasaki, Shuku Iwasaki, Federico Agostini alla Casals Hall di Tokyo.
La mia successiva conoscenza con Salvatore Accardo iniziò in modo del tutto casuale, grazie al pianista con il quale collaboravo che mi procurò la possibilità di essere ascoltato da lui in privato a Roma. Ricordo che in un primo momento stentai a credere di avere davanti a me proprio colui che aveva accompagnato la mia infanzia e adolescenza con il suo straordinario virtuosismo, da tutti noi studenti considerato allora l’apice della perfezione, un modello inarrivabile.
Fui quindi particolarmente lusingato del suo invito a seguirlo stabilmente a Cremona presso l’Accademia Stauffer dove frequentai il suo corso per alcuni anni, aggiungendo così importanti tasselli tecnico-interpretativi soprattutto nel repertorio tardo romantico e moderno, sia francese che russo, del quale era depositario di preziose testimonianze da lui mai dimenticate e trasferite con sintetica lucidità e grande sicurezza.
Salvatore Accardo, svolgendo anche attività come direttore d’orchestra, mi avrebbe scelto in quello stesso periodo per ricoprire il ruolo di Primo Violino solista sia presso il Teatro S. Carlo di Napoli nella stagione musicale da lui diretta che nei primi 5 anni di attività internazionale svolta dalla sua Orchestra da Camera Italiana, all’epoca espressione d’eccellenza della sua classe, insieme a quelle di Giuranna, Filippini e Petracchi, suoi inseparabili colleghi a Cremona.
Il mio rapporto con Accardo non fu quindi semplicemente didattico, ma anche lavorativo.
Questo aspetto di natura pratica tra noi due contribuì significativamente alla mia formazione artistica e professionale attraverso le numerose esperienze di indubbia unicità e prestigio vissute insieme a lui.
- La Sua discografia racchiude diversi titoli contemporanei e in prima assoluta. Fra i molti spicca il nome di Salvatore Sciarrino del quale incise la composizione ‘Allegoria della Notte’, disco che vinse nel 2009 il prestigioso premio “Diapason d’Or”. Che rapporto ha ad oggi con il M° Sciarrino e come è stato lavorare con lui sulla sua Musica?
La passione per la ricerca musicale rivolta al mio strumento, che in effetti contraddistingue tutta la mia discografia, è stata una mia peculiarità fin da quando ero studente e lo è tutt’ora, seppure vada in una diversa direzione rispetto al mio passato.
In gioventù ero egualmente attratto dai grandi autori del periodo classico e romantico, come da quelli della prima metà del 900 e dalle principali novità di repertorio presenti allora in Italia.
Salvatore Sciarrino con i suoi Sei Capricci per Violino, pubblicati soltanto un decennio prima della fine dei miei studi, mi avrebbe aperto un mondo totalmente nuovo sotto ogni aspetto sia di natura strumentale che espressiva.
L’approccio psicofisico con lo strumento chiesto dall’autore, unitamente alle straordinarie timbriche esplorate dalla sua musica, furono per me componenti di grande attrattiva che mi spinsero ad approfondire la conoscenza della sua persona oltre che della sua opera.
Fu così che andai a trovarlo 25enne a Città di Castello per beneficiare dei suoi preziosissimi consigli su quelle brevi ma particolarissime composizioni che avrei inciso l’anno successivo a Parigi per l’etichetta francese Accord, ottenendo così il mio primo importante successo internazionale di critica.
Da quel momento Sciarrino mi avrebbe considerato per quasi un ventennio uno dei suoi interpreti di riferimento, visto il mio costante interesse di quel periodo nell’eseguire e incidere sia la sua musica da camera in formazioni varie (dal duo all’ensemble misto) che altri suoi brani per violino solo o solista con orchestra tra i quali “Allegoria della Notte”, scritto per Salvatore Accardo nel 1985 (come anche i 6 Capricci del 1976) e “Le Stagioni Artificiali” per violino e ensemble del 2007, da me registrati entrambi in Prima mondiale su espressa richiesta dell’autore.
Vennero rispettivamente pubblicati da Kairos nel 2009 e Stradivarius nel 2011 ottenendo importanti riconoscimenti e premi della critica, come appunto il Diapason d’Or.
Le mie successive scelte artistiche e professionali, sia nelle collaborazioni che nel repertorio, mi hanno allontanato da lui in questi ultimi anni, ma considero comunque una fortuna rara aver potuto conoscere così da vicino una personalità unica in ogni senso umano e artistico come quella di Salvatore Sciarrino.
- Lei è ovviamente molto attivo anche come camerista, è stato Docente di Musica da Camera in diversi Conservatori italiani e lo è tuttora. Che importanza ha per Lei l’insegnamento e in che modo cerca di avvicinare i giovani allievi alla Musica da Camera?
L’insegnamento in Conservatorio della Musica da Camera, sia essa strumentale o vocale, rappresenta da oltre 25 anni un aspetto imprescindibile della mia personalità di musicista e un elemento della mia vita che non esito a definire indispensabile alla mia attività concertistica in tutte le sue sfaccettature.
Insegno attualmente al Conservatorio “G. Nicolini” di Piacenza.
La cameristica è il cuore stesso della Musica e lo stimolo straordinario che deriva dal rapporto con gli studenti del mio corso nel cercare di trasmettere loro il senso più profondo del pensiero musicale contenuto in una qualsiasi composizione, più o meno breve, che preveda l’incontro e il dialogo tra differenti famiglie di strumenti, ivi compresa la voce, è per me occasione costante di crescita interiore e allo stesso tempo motivo di estrema soddisfazione come insegnante nel vedere il frutto dell’impegno e della collaborazione tra loro.
- Nella Sua carriera ha avuto modo di esibirsi nelle più importanti sale da concerto di tutto il mondo come la Carnegie Hall di New York o la Sala Tchaikovsky di Mosca solo per citarne un paio. Vi è un concerto che ricorda con particolare affetto in uno di questi meravigliosi templi della Musica?
La vita del concertista è costellata di continue emozioni che si rinnovano costantemente grazie al proprio rapporto con la Musica e alla capacità di coinvolgere il pubblico, più o meno sensibile e preparato, indipendentemente dal contesto più o meno famoso nel quale ci si esprime.
Ogni concerto rappresenta in realtà un momento unico e irripetibile nel corso della propria vita di musicista in virtù dei differenti tipi di programma interpretato e delle diverse situazioni ad esso contingenti anche in relazione al proprio momento personale di vita.
Non nego comunque che aver calcato con successo i palcoscenici di alcuni dei principali teatri e sale da concerto a Mosca, Tokyo, San Pietroburgo, Napoli, Roma, Parma, Monaco di Baviera, New York, Palermo, Milano, Berlino con la loro grande tradizione storica abbia lasciato tracce importantissime nel mio trentennale cammino artistico, ma la qualità del pubblico presente rimane l’elemento determinante per rendere indimenticabile una propria performance.
A tale proposito rimane incancellabile nel mio cuore il ricordo del mio primo debutto all’estero come solista nel Concerto di Sibelius con la Sinfonica di Helsingborg in Svezia diretto dal finlandese Ari Rasilainen quando ero appena 21enne.
La tenerezza infinita di quella particolare situazione, pur se non paragonabile a tante altre vissute da me in seguito di prestigio nettamente superiore, è legata alla mia giovanissima età, ma soprattutto alla presenza di mio padre nel pubblico che dopo meno di un anno sarebbe venuto a mancare a seguito di un tumore.
Fu quella la sua ultima grande soddisfazione di genitore e il mio primo importante successo da solista.
Una vita in Musica dove la prossima tappa sarà un nuovo e prezioso prodotto discografico.
A questo link è possibile visionare il video promozionale del disco “Paganini and Italian genius” : Dynamic CDS7903 - video promo - Marco Rogliano, violin
Presto disponibile e acquistabile: www.dynamic.it - www.naxos.com
Alla prossimo post e buona Musica a tutti!
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