Awin David Oistrakh, l’immensità in un sorriso
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  • David Scaroni

David Oistrakh, l’immensità in un sorriso

Il 24 ottobre 1975 morì ad Amsterdam David Fëdorovič Ojstrach stroncato nella sua camera d’albergo dall’ennesimo infarto.


Naque a Odessa nel 1908, considerato tra i più grandi violinisti di tutti i tempi ebbe una carriera costellata da enormi successi.

Fece il suo debutto a soli sei anni e dieci anni più tardi (nel 1924) diede il primo vero concerto di rilievo quando interpretò il concerto per violino di Glazunov diretto dall'autore stesso, da quel momento si potè facilmente capire quanto avrebbe fatto quel miracolo vivente del violino.


Vincitore nel 1937 del Concorso Queen Elisabeth (all’epoca si chiamava ancora Eugène Ysaÿe) mentre nel 1935 si era classificato secondo al Concorso Wieniawski di Varsavia. Il primo premio lo vinse una giovanissima Ginette Neveu (1919-1949, altra magnifica violinista scomparsa troppo presto a seguito di un incidente aereo) di soli sedici anni per la quale Oistrakh mostrò grandissima stima. Lo si può chiaramente leggere in una lettera alla moglie Tamara Rotareva, pianista, alla quale diceva di “temere” solo una promettente violinista parigina che in effetti poi vinse la competizione.

Ancor oggi inarrivabili le sue interpretazioni dei concerti di Tchaikovsky, Brahms e degli amici Prokofiev e Sostakovich di cui -dedicatario- diede le prime esecuzioni assolute.

Amante degli scacchi fu inoltre insegnante al Conservatorio di Mosca dal 1934. Tra i suoi allievi non si può non citare il grande Gidon Kremer e i suoi suggerimenti tecnici per le Sonate di Beethoven (pubblicate per IMC) sono oggigiorno un importantissimo punto di riferimento.


Si esibì moltissime volte a fianco di Mstislav Rostropovich e Svjatoslav Richter e fu nel 1969 che la EMI volle metterli insieme con l’Orchestra dei Berliner Philarmoniker diretti da Hebert von Karajan per l’incisione del famosissimo Triplo di Beethoven che ancora oggi riecheggia nelle orecchie di tutti noi. Forse fu una delle prime operazioni di marketing ma di certo non si può che ringraziare la storia per questo evento!


David Oistrakh, quando suonava in pubblico, non dava mai l’idea di essere preoccupato o troppo concentrato. Tutt’altro, dai molti video che facilmente si possono reperire si nota chiaramente una calma invidiabile. Sembrava davvero stesse studiando ogni singolo passaggio in assoluta solitudine e poco importava che fosse la composizione più complicata del secolo o che davanti a lui ci fossero 200 o 2000 persone. Quel che contava di certo per lui, e credo si noti chiaramente, era la gioia di far musica e di comunicarla all’ascoltatore.

Egli stesso infatti sosteneva che “…la tecnica bisogna possederla e poi dimenticarla per pensare solo alla musica”.


Oistrakh, secondo ogni testimonianza scritta e verbale, fu uomo di grandissima generosità, dolcezza, bontà e umiltà. Aspetti che, forse, oggigiorno mancano sempre più spesso nel mondo della musica.


Nell’interessantissimo libro del musicologo Alberto Cantù, scomparso lo scorso anno, “David Oistrakh – Lo splendore della coerenza” si possono leggere le parole del violinista russo Vadim Repin che così definì il suo modo di essere sul palcoscenico: “La sua sonorità, il suo vibrato, la sua capacità di parlare con lo strumento. L’esecuzione riflette la sua personalità: generoso, sereno, aperto. Fa ben più che cantare col suo strumento. E’ una mescolanza di profonda comprensione della musica, di comunicazione col pubblico e di devozione per il compositore.”


Suonò ben otto violini di Antonio Stradivari, diede moltissimi concerti in moltissime parti del mondo, con ritmi irrefrenabili. Studiava in ogni momento utile, viaggiava di continuo e faceva concerti. La musica era la sua vita e non poteva farne a meno. Sembrava instancabile, ma probabilmente il suo costante sorriso camuffava alla perfezione l’ovvia stanchezza di quei ritmi, cosa che il suo cuore purtroppo non riuscì a fare.


Dopo alcuni piccoli infarti lo abbandonò infatti ad Amsterdam dove era stato chiamato a dirigere l’Orchestra del Concertgebouw nell’integrale delle Sinfonie del suo amato Brahms.


Un musicista di riferimento per tutti, un umile grande uomo, un’improvvisa mancanza per l’intero mondo musicale.



Buona Musica a tutti!










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